La sua passione per i fumetti inizia negli anni ‘70 con gli anime e con il forte impatto che essi hanno avuto nell’immaginario collettivo. Si tratta di un’influenza solo stilistica o anche contenutistica?
E’ stata un’influenza di carattere puramente visivo, poiché non c’è mai stato un autentico coinvolgimento stilistico e contenutistico (anche se io amo particolarmente la cultura giapponese).
Il mio interesse è stato per lo più rivolto alle produzioni europee, italiane e francesi. La cultura orientale per me era (e lo è tutt’ora) irraggiungibile. Il motivo principale di tale “distanza” è la concezione stessa della “linea” che da noi ha avuto nel tempo un’evoluzione differente da quella orientale, acquisendo significati differenti. Detto in parole più semplici il prestigio della sintesi che la cultura nipponica ha sviluppato nella sua lunga storia, ha fornito all’arte giapponese uno strumento raffinato per la realizzazione dell’arte stessa, tramandando queste esperienze stilistiche ai “manga” prima e alla sterminata produzione di “anime” dopo,
Concettualmente con “Zoe” sto cercando di creare un connubio fra la linea europea (descrittiva e materica) e quella orientale (elegante e sintetica). Questa intesa, mi sembra si ponga nella linea di un’apertura verso le nuove grande speranze inaugurate dalla globalizzazione culturale, che, c’è da auspicarsi, (oltre a determinare profonde inevitabili crisi di integrazione fra culture diverse) possa gradualmente agevolare la riconciliazione dell’uomo con gli altri uomini..
- Quali sono le altre sue fonti d’ispirazione e quali i suoi fumetti preferiti?
Molte sono state, negli ultimi anni, per me le fonti d’ispirazione, dalla letteratura, al cinema, dalla pittura alle cronache mondane, per includere anche lo spazio virtuale del web e il nuovissimo linguaggio dei videogames. Internet è quello che in questo momento mi fornisce più input, perché in esso trovo le libere opinioni, le bugie artefatte ma soprattutto quelle microinformazioni globali che non vengono dette (a volte anche banali), ma che mi aiutano a riflettere sulla trama delle mie storie. Anche il cinema è un ottimo canale, perché fra tutti è il linguaggio (fratello maggiore dei comics), che si avvicina maggiormente a quello del fumetto. In esso colgo le tecniche della narrazione e delle inquadrature e trovo soluzioni “registiche” funzionali, mentre la pittura, mi fornisce idee per “caricare” le immagine di tensioni e di simboli. Ritengo che fare un lavoro implichi una serie di realtà oggettive in stretta correlazione fra loro, ma alla base di qualsiasi lavoro rimane, per me, sempre l’idea.
Prediligo come lettura i fumetti francesi, italiani, spagnoli, qualche autore americano e certi manga, anzi certi autori manga (Taniguchi, Miyazaki), che peraltro hanno guardato parecchio la cultura europea.
- I suoi disegni rappresentano una forma di evasione dalla realtà o una sublimazione di essa?
I miei disegni rappresentano “una possibile realtà nel luogo a due dimensioni”. La metafisica e il surrealismo ci hanno dato dei bellissimi esempi di “altre realtà”. Da alcuni anni ormai, in concomitanza con il crescente disagio sociale che in maniere molto varie e variamente drammatiche stanno mettendo alla prova la resistenza della nostra civiltà se non della nostra stessa sopravvivenza pacifica, trova spazio nelle arti il genere fantastico. Io stesso esperimento questo “genere” che in varie maniere ha sempre accompagnato la creatività dell’uomo. Il fantastico cui io penso non è soltanto “fuga” da una realtà insopportabile ma spesso metafora della perennità di certi irrinunciabili valori dell’uomo, la lealtà la giustizia, il coraggio la generosità il rispetto. Non solo quindi un rifugio, ma anche un’ insopprimibile esigenza dell’anima.
In “Nike” prima e in “Zoe” adesso, si può riscontrare un elemento insolito nei miei fumetti. Il personaggio sarà dotato di una propria autocoscienza, avrà la virtù dell’illuminazione e conquisterà quindi la consapevolezza di se; infine raggiungerà quella presa di coscienza che lo condurrà alla comprensione della sua natura di carta e inchiostro, confinato nel regno a due dimensioni.
Tutto questo è molto divertente, e apre per certi versi degli interrogativi di natura filosofica e anche mistica di un certo interesse.
- Mi parli dell’esperienza di “Fumetti al cubo”.
La rivista venuta alla luce un anno fa, riflette perfettamente questa mia idea di sublimazione della realtà, ma senza dubbio la cosa più importante, è l’adesione ad uno stesso progetto di un gruppo di amici fumettisti che hanno condiviso la mia idea di realizzare un contenitore-rivista di genere fantastico. Stanchi di trattare tematiche di carattere sociale in forma convenzionale, abbiamo scelto la via dell’onirico, che a nostro avviso è più incisivo e il “messaggio” (sociale, politico, antropologico ecc.) risulta più durevole nel tempo.
L’ idea di legare tutte le storie con un elemento simbolico: abbiamo scelto il cubo,che diviene una porta “multi-dimensionale”, consolida e lega tutte le storie fino a farle diventare come un singolo racconto.
Con F3 (che diventa anche una splendida formula fisica e matematica) abbiamo voluto intendere le tre lettere che aprono le porte all’immaginario (Fantasy, Fantascienza e Fantastico). F3 si traduce: “Fumetti al cubo”.
- Essere fumettisti oggi è più difficile di ieri? E’ un settore che attira ancora molti giovani?
Il fumetto è un linguaggio unico nel suo genere che ha regole ben precise e che sono continuamente in evoluzione. Questo linguaggio si colloca a metà fra il disegno e la letteratura, per cui i suoi supporti essenziali sono la mano e la carta ( malgrado si ricorra spesso al web, ai video-fumetti, al computer e alle nuove tecnologie in generale).
Questo prodotto di natura ibrida, assume la propria originalità proprio nella stampa, nella lettura convenzionale e infine nella conservazione in libreria, per cui, ritengo che tutti gli altri tentativi di stampa alternativa vanno oltre il linguaggio stesso del fumetto, trasformandosi in un’altra cosa.
Ho notato spesso che i giovani disegnatori alle prime armi, hanno una certa premura ad acquistare notorietà a detrimento della maturazione tecnica e professionale. Ovviamente corrono rischi, a volte irreversibili di delusione
Purtroppo in questi tempi di disordine mediatico e di vuota apparenza, i ragazzi si lanciano in qualsiasi impresa possa fornire loro anche solo 5 minuti di notorietà verso un pubblico altrettanto vuoto, trascurando invece il bagaglio tecnico, culturale e conoscitivo che li potrebbe rendere individui liberi dai pregiudizi e dalla morsa dell’omologazione sociale.
-Lei prenderà parte al corso “Fumetto work in progress“. Come pensa di impostare le sue lezioni e cosa si aspetta dai partecipanti?
Prenderò parte di “Fumetto work in progress”, ma il mio ruolo sarà solo introduttivo. Gli iscritti saranno guidati da validi insegnanti, che li seguiranno meticolosamente, fino alla comprensione di questa affascinante arte.
Io spiegherò com’è strutturato il fumetto, le convenzioni e il linguaggio tecnico che lo costituiscono.
Mi auguro che questi ragazzi facciano tesoro di quanto impareranno in questo corso, perché potranno dare forma alle loro storie, e stimolare quella “cosa” magnifica che ci eleva a creature semidivine che è l’immaginazione.
Ornella Balsamo tratto dall'intervista su "lo schiaffo"
Nessun commento:
Posta un commento