Introduzione di Enki Bilal, tratta dal volume : La Trilogia Nikopol (come nell'antica Grecia?) è una trilogia nello stesso tempo libera e legata. Libera per me, suo autore, in tutti i sensi del termine. Cito, in ordine sparso: libera nell'ispirazione, nel filo narrativo, nella costruzione del tempo e libera dalla razionalità , dalle costrizioni sulla documentazione e anche dalla scelta dell'edizione. Ma non libera da legami, poiché strettamente tenuta insieme da una cronologia dei personaggi e da un desiderio, costante ad ognuna delle tre tappe, di calarsi nel contemporaneo attraverso delle false arie di mutamento temporale. Così nei tre volumi si susseguono delle scaglie ossessiv e e grottesche del nostro mondo, dèi egizi vergognosamente maltrattati, un uomo che porta il nome di una città d'Ukraina (Nikopol) con i tratti di un grande attore svizzero-tedesco, una donna aberrante dalla pelle bianca e dai capelli naturalmente blu, animali veri, fasulli, poi dei giornali (La Stampa, onnipresente!) una piramide volante, degli incontri sportivi, scompartimenti di treno, camere d'albergo ed infine storie d'amore e di sogni, in celluloide. Una trilogia (termine pomposo, bisogna riconoscerlo) che occupa il mio spirito, ad intervalli regolari, da quasi 15 anni. Mi chiedo proprio a cosa possa servire, a parte il costruirmi legami liberamente consentiti ma sufficientemente distesi, comodi,per potermi muovere altrove? Malgrado cerchi di muovermi verso varie direzioni e prec isamente altrove, una trilogia, per definizione, ha una fine ed una fine è dolorosacome una separazione. L'esse inziale è di non farne una tragedia (greca).Insomma la trilogia Nikopol, come del resto tutta l’opera di Bilal – a partire dal primo titolo, il fantastico Le falangi dell’ordine nero, storia di partigiani e antifascisti che si rimettono all’opera tanti anni dopo – è una di quelle letture che vanno considerate obbligatorie se si vuole avere una visione del fumetto di oggi.
Come è successo tante volte, anche dalla Trilogia è stato tratto un film (tra l’altro, con una co-produzione italo-francese), con la regia dello stesso Bilal a trasporre i suoi fumetti sullo schermo… Ovviamente gli effetti speciali, rivisti qualche anno dopo, già segnano il passo, e più in generale Immortal ad vitam non ha convinto i critici per tanti motivi – ma comunque a me non è affatto dispiaciuto, anche se è decisamente più semplicistico della versione su carta – del resto, è l’autore stesso a giudicare il film “un sogno che ha avuto origine dal fumetto”.
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