Di fumetto come modello tipico di una cultura di massa da rielaborare si erano occupati qualche anno prima anche i Situazionisti ma con intenti più politici che estetici. Lo scopo era quello di sovvertire di deturnare (detourner = deviare, da cui l’agghiacciante italianizzazione “deturnante”, “deturnato”) il senso comunemente attribuito ai segni e ai comportamenti massificati, creando situazioni insolite, anticonvenzionali, liberanti, quindi capaci di sollecitare una visione critica della vita quotidiana e dei media che la affliggono. Fra questi media c’è il fumetto e il modo situazionista di usarlo sovvertendolo consiste nello scegliere vignette o intere “strisce” che per i personaggi o le scene rappresentate siano in grado di acquisire un senso nuovo e provocatorio nel momento in cui le parole contenute nel balloon vengono sostituite da slogans situazionisti.
Certa affinità con la struttura dei comics hanno poi le opere di artisti contemporanei che assumono nei loro quadri modalità costruttive o espressive proprie del fumetto. E i modi sono innumerevoli
David Salle,,ad esempio, esponente del neoespressionismo americano, ricorre ad un sistema di sovrapposizione e giustapposizioni di riquadri, vignette, immagini spesso copiate da riviste o giornali che si richiamano ai sistemi compositivi dei fumettisti (che, per parte loro, hanno da tempo superato il tradizionale sistema ellittico della sequenza vignetta-cornicetta bianca-altra vignetta, a vantaggio di combinazioni estremamente più libere ed arbitrarie)
Il sudafricano William Kentridge, invece, per la preparazione dei suoi “Drawings for projection”disegna in sequenza moltissime vignette (ognuna di per sé già godibile come opera grafica autonoma) sviluppando una sorta di story board “dinamico”per i suoi films animati.
Altri segni fumettistici (ma il campo d’indagine a questo punto potrebbe diventare infinito) troviamo nelle composizioni di Basquiat, Haring e i Graffitisti, o nei quadri manifesto di Barbara Kruger o nelle recenti opere grafiche della “Beehive Design Collective” gruppo americano di graphic artists del Maine che vogliono denunciare (raccontando l’aggressione e la resistenza viste da un insetto) le repressioni operate nei paesi del Sud-America.
Nelle opere di questi artisti capita di scoprire delle vere e proprie “scene piene di racconto”, momenti molto intensi, vignette come “scene-madri” di una storia che non può non avere un prima e un dopo. Così, anche il palermitano Bazan dipinge spesso vere e proprie “scene avventurose”, che sembrano tratte da fotogrammi cinematografici o da brani ritagliati da una graphic novel
Dall’altro versante, ci sono molti fumettisti o fumettisti illustratori che si ispirano all’arte contemporanea (la pittura soprattutto) riprendendone certe cifre stilistiche o inserendo nei loro racconti citazioni di opere di artisti famosi. Fra i primi, raffinatissimi esempi, il “Little Nemo” stile Liberty di Winsor Mc Cay, fra i più recenti i lavori del fumettista americano ( pressochè sconosciuto in Italia) Jeffry Jones che inserisce fra le sue illustrazioni citazioni che vanno dalla pittura vittoriana a Klimt a Bocklin
Venendo ai Nostri, inevitabile il richiamo al Poema a Fumetti di Dino Buzzati, singolarissimo ibrido di liriche didascalie e figure riprese (e assai rivisitate) dai più vari panorami artistici,per raccontare di nuovo il mito di Orfeo ed Euridice. Poi, nella folta schiera dei fumettisti e illustratori-fumettisti, (poiché siamo costretti a scelte essenziali) preferiamo ricordare il vecchio Sergio Toppi e il suo evidente interesse per il nouveau del secessionismo viennese, il più giovane e geniale Lorenzo Mattotti e il suo furente espressionismo spinto fino all’astrazione nei suoi straordinari “Fuochi”,e Gipi (Gianni Pacinotti) esponente di quella schiera di fumettisti che sono in varia misura debitori del disegno “sgrammaticato” di Mattotti e hanno elaborato personalissimi stili “espressionisti” (come Marco Ficarra o Andrea Bruno).
Un posto a parte spetta a Guido Crepax, un grande artista che ha innovato e portato a livelli assai alti il fumetto d’autore. Crepax ha destrutturato profondamente il sistema-fumetto, mandando in frantumi la tradizionale pagina disegnata per ricomporre poi i suoi frammenti con la casualità ragionata e armoniosa propria della musica jazz . Il suo inconfondibile segno malgrado certi riferimenti alla pittura dell’americano Ben Shan, rimane personalissimo. La sua maniera di disegnare apparentemente dimessa con quel suo pennino spuntato che traccia profili sottili e disarticolati di nudi longilinei, raffinati e perversi è stile sicuro e originale in grado di scoprire analogie grafiche e corrispondenze linguistiche con tutte le altre arti con le quali ha familiarizzato, dalla letteratura, al cinema, alla musica, alle arti figurative. Nelle sue “riduzioni” di grandi romanzi reinventa un climax estremamente pertinente con il senso dell’opera madre e quando la sua Valentina si imbatte nel mondo delle arti abbondano le citazioni,.da Manet, a Picasso a Kandinskj a Henry Moore: tutte occasioni per esperimenti di affinità e ibridazione fra arti diverse.
Fuori da tali arditezze anche il neo-liberty Milo Manara, nel suo “Il pittore e la modella”, ha ridisegnato a suo modo i capolavori dei maestri dell’arte rinascimentale e moderna.
Non è difficile prevedere che il fumetto resisterà a lungo e cambierà ancora, seguendo il flusso delle inarrestabili interrelazioni che sempre più strette e frequenti si consumano fra le arti e tutti quei fenomeni esteticamente rilevanti che ruotano attorno al loro indefinito territorio, dal cinema alla grafica pubblicitaria, al videogioco…...e noi ci staremo appresso.
Nessun commento:
Posta un commento