martedì 15 febbraio 2011

Planetary e Wasteland. F3 consiglia....

Planetary: Archeologia spaziotemporale

"It's a strange world. Let's keep it that way."

"Good morning, Doctor Dowling. From here, things will only get worse."

(Elijah Snow)

Ultima fermata per gli Archeologi dell'impossibile in un volume che raccoglie le storie conclusive di una delle migliori serie di fantascienza a fumetti degli ultimi anni.

Nel lontano 1998 cominciava un viaggio di quasi undici anni nel mondo della fantascienza a fumetti, e non solo, ad opera di Warren Ellis, uno degli autori più capaci in circolazione e probabilmente l'unico in grado di trascendere, in corso d'opera, le pur buone premesse. Planetary, la serie in questione, si conclude sul mercato americano solo nel 2009, dopo varie traversie e ben quattro premi Eisner, proprio col volume: Planetary: archeologia spaziotemporale, uscito in Italia alla fine del 2010.

Interrotta per quasi tre anni a causa delle scarse condizioni di salute dell'autore e condizionata dai molteplici impegni e dai tempi biblici del disegnatore John Cassaday, invece di perdere mordente la serie ha acquisito sempre maggiore profondità e spessore, rendendo ogni numero un'opera d'arte a se stante ed allo stesso tempo un tassello in una meravigliosa quanto ambiziosa struttura. Planetary invecchia come il buon vino e non delude nemmeno nel gran finale dove di solito miniserie analoghe possono facilmente cadere o lasciare in sospeso i dilemmi protratti dalle pagine iniziali, tutti i nodi vengono al pettine nell'universo di Ellis con un dettaglio ed un gusto per il particolare che hanno dell'incredibile. Nato come un fumetto non inerente in forma diretta ai supereroi ma al genere supereroistico in generale, fin da subito Planetary allarga le premesse per incamerare, reinterpretandola con eleganza, quasi un secolo di letteratura e narrazione fantastica. Il pulp anni '20 di Doc Savage e Tarzan viene mischiato agli esperimenti nucleari tipici dei più reconditi terrori della Guerra Fredda, a Sherlock Holmes, alle navi spaziali senzienti, alla teoria delle superstringhe, ai sistemi di stoccaggio dati spirituali e ad innumerevoli altri elementi più o meno conosciuti tipici dell'immaginario che dal '900 arriva ai giorni nostri. Fattori che striderebbero in contatto l'uno con l'altro si amalgamano perfettamente nell'opera di Ellis creando per il lettore curiosità ben oltre i confini del genere fumettistico ma non tralasciandone comunque i capisaldi ed i personaggi chiave. Abbiamo in effetti una rivisitazione dei Fantastici Quattro, di Superman, Lanterna Verde, Wonder Woman, di ognuna delle colonne portanti del fumetto di supereroi sia come personaggi ben definiti e funzionali alla storia sia, in alcuni casi, come esempi di archetipi narrativi. L'autore scozzese riesce a creare un'ottica dove almeno due o tre diversi livelli narrativi si possono incontrare senza però andare a scapito l'uno dell'altro ma rimanendo fruibili nella loro unicità. E' proprio la fantascienza che viene utilizzata da Ellis come arco di volta di questo disegno così complesso, come elemento chiave che possa reggere le fila del discorso e fungere da vettore alla narrazione rendendo il complesso fluido e organico, trasformando quest'opera in una delle migliori del decennio.

Nelle ultime pagine di Planetary vediamo la guerra silenziosa fra Snow ed i Quattro Viaggiatori subire un'escalation e diventare aperta in un susseguirsi di mosse che metteranno in campo tutte le risorse accumulate da entrambe le parti per poco meno di un secolo. Elijah dovrà testare la fiducia dei suoi nuovi alleati o presunti tali, come Anna Hark e John Stone, ma soprattutto dovrà trovare il modo per vincere senza mettersi sullo stesso piano di chi vuol sconfiggere. Una serie di colpi di scena fulminanti sveleranno importanti particolari sul passato dei protagonisti e specialmente su qualcuno che apparirà come un fantasma dall'oltretomba per far capire ad Elijah Snow quale potrebbe essere il suo scopo nel grande disegno delle cose. Un "Finale" col doppio botto chiude la scena portando il lettore a pregare di avere qualche altra pagina di fumetto ma al contempo rendendolo felice che si sia chiuso in questo modo.

Splendide come sempre le matite in stile art nouveau di Cassaday, curate maniacalmente nei minimi dettagli e perfette per la narrazione. Espressioni, ambienti, chiaroscuri e composizione delle tavole sembrano annullare il reale attorno allo spettatore per catapultarlo direttamente sulle strade del mondo misterioso creato da Warren Ellis. John Cassaday è una di quelle poche persone che riesce a mettere su carta le meraviglie più fantastiche definendole alla perfezione ma, al contempo, lasciando alla fantasia del lettore lo spazio per partecipare nel processo di creazione. Una nota di merito deve andare anche alla inchiostratrice Laura Martin per il lavoro maniacale svolto sulle tavole di Cassaday donando spessore e realismo ad un'opera che già partiva con standard elevatissimi.

Wasteland: l'ombra di Dio

Un secolo dopo la catastrofe che ha sconvolto il nostro pianeta rendendolo una landa disseccata costeggiata da oceani avvelenati, uno strano viandante si muove fra le ultime vestigia della civiltà portando con se troppi segreti ed infausti eventi.

Per più di trent'anni il filone post-apocalittico della fantascienza ha continuato ad attirare l'attenzione del pubblico e quella degli autori dando vita ad opere più o meno memorabili sia in campo letterario che cinematografico che fumettistico. Film come Mad Max, alla fine degli anni '70, manga e serie animate come Hokuto no Ken, verso la metà degli anni '80, o come gli splendidi Nausicaa di Hayao Miyazaki e il Legend of Mother Sarah, per non parlare di Akira, nati dalla penna di Katsuhiro Otomo, sono riusciti a travalicare l'interesse di appassionati ed addetti ai lavori per diventare pietre miliari dell'immaginario collettivo. E' quindi difficile, al giorno d'oggi, riuscire ad aggiungere qualcosa di nuovo al genere o anche solo accostarvisi senza evocare un'atmosfera di déjà-vu a priori letale per la buona riuscita di una qualsiasi opera.

Lo scrittore inglese Antony Johnston non si è dato per vinto e nel 2006 ha debuttato in America con una serie che avrebbe tentato, almeno nella dichiarazione dell'autore, di toccare le tematiche classiche del genere portandole verso nuovi ed inaspettati sviluppi. E' così nata Wasteland, pubblicata dalla casa editrice Oni Press e portata in Italia dalla ReNoir Comics che ha appena presentato, in occasione di Lucca Comics, il secondo volume: Wasteland: l'ombra di Dio. Se nel primo volume della serie ancora non era del tutto chiaro che cosa l'opera avrebbe potuto contenere di innovativo o almeno di non troppo scontato, in questo volume le intenzioni di Johnston cominciano a rivelare l'ombra di un disegno particolare, ancora però un pò troppo sfocato ed evanescente.

Dopo la distruzione della cittadina di Providence uno strano gruppo di sopravvissuti guidati dal misterioso Michael, straniero senza memoria ma dotato di peculiari facoltà, e da Abi, lo sceriffo di Providence che sembra avere qualcosa in comune con lo stesso Michael, arrivano stremati ed in fin di vita a New Begins, considerata una grande città e un baluardo di civiltà rispetto alle selvagge e letali terre che la circondano. Quella che avrebbe potuto essere la Terra Promessa si rivela però una trappola non meno pericolosa di quanto le sta attorno, con diverse fazioni in lotta fra loro e guidata dall'insondabile e pazzo Marcus, il cieco ma sempre giovane fondatore di New Begins. Deciso a mantenere salda la sua presa sulla città ed a favorire lo sviluppo del culto della propria persona in contrapposizione a quello dei Solari, Marcus rivolgerà la propria attenzione in particolare su Michael ed Abi, legati a lui da trame misteriose, ed inconsapevoli catalizzatori per i terribili eventi che cominciano a profilarsi all'orizzonte.

La narrazione di Johnston non perde un colpo e si muove come una macchina ben oliata guidando il lettore in un mondo crudele ed ormai distrutto che si dibatte negli ultimi ansiti di vita prima della fine. Non ci sono lieti fine, non ci sono sconti sul destino ma solo la crudele volontà di ognuno di sopravvivere che spesso e volentieri calpesta anche la più piccola parvenza di dignità o di calore umano. Nulla di nuovo fino a qui e nulla di nuovo nella caratterizzazione dei personaggi principali come eroi riluttanti che si trovano invischiati in eventi più grandi di loro e che solo dopo errori e costosi sbagli si ritrovano volenti o nolenti a fare la cosa giusta. Vari destini misteriosi si intrecciano sullo sfondo della mitica città di A-Ree-Yass-I, una terra promessa da cui è partita la distruzione del nostro pianeta e che potrebbe contenere le chiavi per la sua salvezza. Un buono sfondo, una buona struttura, una scrittura ben calibrata ma ancora solo l'accenno di particolari che potrebbero traghettare la serie fuori dalla palude rappresentata dai suoi illustri predecessori, mantenendo quanto promesso dall'autore in apertura in termini di innovazione. Particolari di esperimenti genetici, di ragazzi con strani poteri, accenni alla tecnologia pre-cataclisma sono in effetti sufficienti a solleticare l'interesse del lettore, ma piuttosto lontani da soddisfarlo in pieno o stupirlo, o da portarlo a pensare di potersi aspettare un qualche sviluppo veramente coinvolgente ed inaspettato da una trama che ha nella prevedibilità uno dei suoi difetti peggiori. Wasteland non sta ancora affondando nella palude di quanto l'ha preceduta ma se tiene fuori la testa allora la sta tenendo fuori per un soffio, in attesa di uno sforzo maggiore da parte di un bravo e dotato scrittore che non può e non deve ritenersi appagato nel sedersi sulla montagna di materiale dal quale può attingere.

Ottimi i disegni di Christopher Mitten e molto adeguati al bianco e nero della serie ma un pò troppo legati ad uno stile orientale, tipico dei manga, che contribuisce ancora di più ad evocare gli spettri narrativi da cui ci si vuole e deve a tutti i costi discostare per arrivare ad una perfetta riuscita dell'opera. Tratto curato, personaggi ben delineati e discreto occhio ai dettagli sono elementi che di base potrebbero caratterizzare un eccezionale disegnatore, forse ancora un pò troppo anonimo e con uno stile personale non pienamente sviluppato.

In ogni caso, ci troviamo davanti a una buona lettura, tappa obbligata per gli appassionati del genere post-apocalittico, ed interessante per coloro che cercano un punto di partenza verso una storia in grado di contenere le potenzialità, ancora non appieno sfruttate, per diventare memorabile.

Ivan Lusetti

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