lunedì 27 aprile 2009

Simone Campisano, la realtà vista con gli occhi della fantasia.

di Plato

Nasce a Caltagirone nel’ 86. Sin da piccolo scarabocchia su fogli con matite e colori, poi sui diari per il piacere di amici ed amiche, sui muri per il dispiacere dei genitori e delle forze dell’ordine, decidendo di tornare infine sui fogli, essendo un universo più intimo e sicuro.

Oggi Simone Campisano è un giovane uomo in viaggio verso la propria passione, il fumetto non è infatti per lui un semplice fine creativo ma soprattutto un canale espressivo degno delle altre forme d'arte. Anche lui è un autore intriso del fuoco dell’Etna, in piena ricerca e pieno influenze che non condizionano il suo stile, ma che lo riempiono di dinamiche personali.

Fumetto al cubo non si è limitato ad assorbirlo tra le sue pagine semplicemente per le sue doti artistiche, che non mancano di certo, bensì per ciò che egli stesso rappresenta, portando un'altra delle sei facce del cubo, quel lato che parla dei numerosi autori che partono via dalla propria terra in cerca di fama, soldi e si spera successo.


Da dove nasce la tua passione per il fumetto?

Inizialmente la passione nasce dal piacere di disegnare, cosa che ho fatto sin da piccolissimo. Crescendo, leggendo anche molti libri, ho capito che il fumetto non è solo estetica, anzi!!!
Il “problema” del disegno è solo una maschera poiché ritengo che il fumetto
sia una cosa molto più complessa. Il fumetto è esprimere, raccontare qualcosa. Avere il bisogno di dire qualcosa in un modo personale.
Ecco perché ormai non posso fare a meno di quest'arte.

Perché voglio raccontare.


Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Ormai sono tanti. Non so più a chi sono vicino attualmente.

I miei amori passati e con cui mi sono evoluti spaziano di genere e di nazionalità. Per quanto riguarda il disegno mi sento molto influenzato dall’universo underground in generale, ma anche da pietre miliari come Miller, Mignola, Inoue, Toffolo, Gipi, Pazienza, Oeming e chi in generale spazia nella sperimentazione di una bella sintesi estremizzata. Per quanto riguarda le tematiche sono ora come ora molto vicino alle storie intime, quasi autobiografiche con qualcosa di onirico e di reale e quotidiano al tempo stesso, quindi mi ispiro a Gipi, Toffolo, Igort, Baronciani, Pazienza, Delisle.


Qual è la storia a fumetti o il romanzo che avresti voluto creare?

Come romanzo “Non buttiamoci giù” di Nick Hornby. Una storia di alcune persone diversissime tra loro che vogliono suicidarsi, ma che, incontrandosi, decidono di aiutarsi e di capire se ancora c’è qualcosa di buono della lo

ro vita. Molto interessante è il come è raccontata la storia: l’espediente utilizzato è molto forte, in quanto i narratori sono gli stessi personaggi che si alternano in capitoli raccontando in prima persona gli eventi.

Come fumetto avrei voluto scrivere e disegnare “Verde matematico” di Andrea Pazienza e “Il re bianco” di Davide Toffolo. Il modo in cui sono raccontati, con l’uso perfetto delle immagini, delle parole e dei pensieri rendono tutto al tempo stesso incredibile, assurdo ma anche crudo e reale.


Quant’è importante per te la letteratura disegnata, e ti condiziona il fatto di essere anche un lettore?

La letteratura e il fumetto per me sono due cose inscindibili, a cui cerco sempre di fondere e mettere dentro anche il cinema.

Ormai nella mia vita sono una gran bella fetta di tempo, tra scrivere, disegnare e leggere, oltre a un piacere personale spero di piacere anche ad altri.

Quindi essere un lettore e soprattutto una persona curiosa può soltanto aiutarmi ad aprire quello che io chiamo “il terzo occhio”, cioè quel occhio che tutti abbiamo ma che non tutti usiamo.

Con quest’occhio avremo una differente visione delle cose anche più banali, come guardare il cielo, il mare o qualcuno in faccia.


Cosa pensi del fumetto a in Italia e cosa credi che serva al fumetto che non sia ancora stato inventato?

Di nuovo servono semplicemente più persone che ci vivono. Questo si ottiene dando più spazio e non saturando una parte del fumetto popolare che è un po’ ferma da anni. Più che inventare qualcosa di nuovo, io riprenderei dal passato l’ottima esperienza delle riviste, così come ad esempio succede con la nostra F3.

Sostengo le riviste perché al suo interno possono essere varie, possono dare spazio ad esordienti, giovani promesse ma anche ad affermati professionisti e poi anche perché c’è un continuo

confronto con altri artisti che crea stimoli sempre più nuovi.

Creare una sorta di movimento in cui si abbia la possibilità di scrivere e disegnare il più possibile, parlando di tutto.

Ovviamente il problema sono i soldi.

Chi disegnerebbe tutti i giorni dovrebbe pur vivere.

Ma lasciatemi sognare…


Come è cominciata la collaborazione con la compagnia di fumetto al cubo?

L’avventura è iniziata semplicemente con la mia partecipazione al corso di fumetto organizzato dalla “Fondazione Marco Montalbano” e dalla galleria “Progetti d’arte” durata due anni.

Lì, da zero, grazie ad Angelo Pavone e Alessio Maggioni, sono sempre di più entrato in un universo che non conoscevo e che mi ha portato a incontrare molti altri fumettisti catanesi e artisti in generale.

Ovviamente c’ho messo anche del mio.

Nel frattempo che “studiavo” all’Accademia di Belle Arti, disegnavo sempre qualche ora al giorno e così in breve tempo ho avuto un qualcosa che mi ha portato a poter partecipare a questo ambizioso e bellissimo progetto a cui credo fortemente!

Perché Catania e il fumetto in generale, in Sicilia, si deve mostrare a tutti!!!


Dove è nato il soggetto della tua storia?

Da quello che mi circonda. Dai sensi di colpa che ognuno di noi dovrebbe avere per ilo modo insensato in cui viviamo. Dal grido che spesso sento venire da dentro e che mi avverte che così non va. Non a caso ho voluto utilizzare personaggi appartenenti a culture ormai opposte.Uno è un americano, un occidentale che vive in un certo modo e che ha raggiunto quel modo di vivere grazie alla violenza e al potere della politica e delle religioni.

Le “guide spirituali” sono invece una nativa americana e un’africana, simbolo della prepotenza di che hanno subito quei popoli e che quindi li ha resi “superiori” a noi che siamo dei “peccatori”. Non a caso questo è solo il primo dei quattro episodi dove il protagonista proseguirà il viaggio che verrà seguito dall’ indiana nei primi due e dalla guida africana negli ultimi; insomma tutto dipenderà dal luogo in cui verranno ambientati gli episodi.


Parlare di attualità e di guerra usando la fantascienza come strumento principale e di certo un’idea pericolosa ma accattivante; ma cosa è secondo te la fantascienza ed il fantastico nella narrativa contemporanea?

Credo che sia l’evoluzione della vita normale. Penso che per scrivere un qualcosa di fantasy o di fantastico, oltre a riferimenti letterari come miti, leggende e cose così, si debba capire in che contesto viviamo e in che modo possiamo esagerare, su quali aspetti del reale possiamo basare poi una storia e un mondo che sia lontano anni luce, ma che sia semplicemente allegoria del nostro microuniverso.


A quali progetti stai lavorando adesso?

A parte delle ministorie scritte e disegnate che faccio per la Scuola del Fumetto di Milano, sto lavorando al mio secondo fumetto, Vento di Scirocco. Una storia che parla di come il passato, l’infanzia, i ricordi di una famiglia unita e i sogni riescano ad alterare la quotidianità di un giovane ragazzo meridionale che per lavoro e per passione si è trasferito lontano dal suo paese natale. Parallelamente lavoro anche a piccole ministorie e alla scrittura e illustrazione di fiabe per bambini.

Non è certo un ramingo in cerca del solo successo, Simone, ma anzi, pare armato pure da una fiamma e da un bisogno creativo di raccontare se stesso ed il mondo attraverso i suoi occhi, mostrando una realtà che talvolta delude ma che spesso sorprende quando viene vista attraverso il riflesso di un sognatore in grado di raccontare a modo suo le proprie visioni.


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